Un nuovo studio dell’Università Federico II di Napoli e della Sbarro Health Research Organization (SHRO) ha rilevato la presenza di sostanze tossiche in piante della Terra dei Fuochi, anche in aree finora considerate non contaminate. La ricerca, pubblicata su Science of the Total Environment, ha utilizzato il muschio Scorpiurium circinatum come bioindicatore per misurare l’inquinamento atmosferico.
Campioni di muschio sono stati posizionati per 21, 42 e 63 giorni in sei punti di due aree della Campania: il bosco della Reggia di Carditello (zona rurale) e una zona industriale a Giugliano in Campania. I risultati mostrano alte concentrazioni di arsenico, piombo, mercurio e altri metalli pesanti, anche nelle zone verdi. Come confronto è stato usato il Monte Faito, privo di fonti inquinanti. Dopo appena tre settimane, i muschi avevano già accumulato valori significativi di metalli: arsenico fino a 2,2 mg/kg, rame 17 mg/kg, mercurio 0,06 mg/kg. Questi livelli hanno provocato stress ossidativo e danni cellulari nei tessuti vegetali.
Il dato più preoccupante è che l’inquinamento rilevato è simile in entrambe le aree, suggerendo una diffusione capillare dei fumi tossici anche in zone apparentemente “pulite”. Secondo la dottoressa Adriana Basile, “non esistono più luoghi sicuri nell’area colpita”. La dottoressa Iris Maria Forte ha sottolineato la gravità dei risultati, che confermano l’urgenza di interventi di bonifica. Lo studio rientra nell’approccio One Health, che collega la salute umana, animale e ambientale. Il muschio, in quanto organismo statico, dimostra come anche la vegetazione risenta pesantemente dell’inquinamento, evidenziando i rischi cronici per chi vive nella zona. – 23 aprile 2025