Se lo chiede il responsabile del gruppo territoriale per la penisola sorrentina del M5S, Rosario Lotito dopo l’apertura dell’hub commerciale esperienziale più grande del Sud Italia.
Torre Annunziata – Finalmente dopo il tanto attendere, in questi giorni, è stato inaugurato il MaxiMall Pompeii, l’hub commerciale esperienziale più grande del Sud Italia. Un evento che ha convogliato una marea di visitatori provocando nell’area circostante problemi logistici e di traffico di non poco conto. Tuttavia l’entusiasmo e la curiosità sono stati enormi per una struttura senz’altro attesa ma che nello stesso tempo pone dei quesiti da non sottovalutare, come quelli posti dal responsabile del gruppo territoriale del M5S, Rosario Lotito.
L’enorme complesso sorge a 600 metri dal famoso parco archeologico di Pompei, in un contesto tra Vesuvio e mare dalla straordinaria bellezza e interesse storico culturale unico al mondo. Uno dei tanti interrogativi sollevati in questi giorni è stato se era indispensabile realizzare una tale struttura in un tale contesto? La risposta potrebbe essere quella di aver recuperato un’area con un passato industriale e poi totalmente abbandonata. Pertanto, si potrebbe dire che anche all’epoca della industrializzazione determinati quesiti relativi al contesto circostante e alla sua multi millenaria storia neanche fu posto. Oppure, come più volte ribadito dagli addetti ai lavori, quella attuale rappresenta un’occasione enorme che avrà una ricaduta positiva sul tessuto sociale e occupazionale dell’area. Circa la quale si prevede la creazione di oltre 1.500 posti di lavoro. Quindi un momento di forte interesse e sviluppo per un’area, che nonostante un potenziale enorme è stata da sempre considerata emarginata. Ma i quesiti posti da Lotito sono ben altri:
CHE TIPO SOCIETÀ STIAMO COSTRUENDO?
L’apertura del nuovo centro MaxiMall di Pompei mi costringe ad una riflessione sul tipo di società in cui stiamo vivendo: una società sempre più chiusa e ossessionata dal creare spazi artificiali privi di reale contenuto.
L’idea di costruire queste realtà ricche di intrattenimenti straordinari sembra rispondere più a un desiderio di evasione che a una vera ricerca di progresso umano.
Queste iniziative, pur affascinanti dal punto di vista estetico e ingegneristico, rischiano di trascurare i veri bisogni della collettività: il senso di comunità, il dialogo e la connessione con il mondo reale. La corsa a creare spazi “perfetti” sta trasformando i cittadini in semplici spettatori passivi di un’illusione senza sostanza.
Viviamo in un’epoca in cui le priorità dovrebbero essere altre: combattere le disuguaglianze, ridurre il nostro impatto ambientale e ripensare le città come luoghi di incontro e scambio autentico, non come parchi giochi iper-tecnologici.
Forse è il momento di fermarsi a riflettere su cosa intendiamo davvero per progresso, chiedendoci se stiamo costruendo un futuro di sostanza o solo un’effimera rappresentazione di esso.