Sgominata un organizzazione camorristica che istruiva giovani alle estorsioni. Sui social ostentazione al potere e alla ricchezza. 53 gli arrestati dall’indagine della Dia di Napoli. Richieste di pizzo persino agli imbianchini
Napoli – Addestramento alle estorsioni, il progetto varato da un noto clan camorristico di Napoli. Un insegnamento alla durezzadopo averli attratti ai guadagni facili utilizzando sapientemente i loro social preferiti, Tik-Tok e Instagram, sui quali venivano veicolati messaggi ed immagini di potere e ricchezza. Tanto è quanto emerge dall’indagine della Dia di Napoli, coordinata dal pm della Dda partenopea Giuliano Caputo, sfociata in 53 arresti (43 in carcere e 10 ai domiciliari) notificati ad altrettanti componenti l’organizzazione malavitosa che tra Napoli e provincia teneva sotto scacco i cittadini imponendo il pizzo perfino agli imbianchini. Ad illustrare i particolari dell’operazione il procuratore Nicola Gratteri, il direttore della Dia di Napoli Michele Carbone e il capocentro Claudio De Salvo. Gratteri evidenzia un ulteriore aspetto dell’operazione che vedeva coinvolte anche delle donne, come una capoclan ora detenuta al 41bis, dal 2021 ela figlia l’attuale reggente del clan. Al suo fianco, secondo inquirenti e collaboratori di giustizia e come hanno confermato anche le intercettazioni, la “signora” in questione aveva una lunga serie di collaboratori, tra familiari stretti e affiliati. Il clan imponeva il pizzo anche a lavoratori come gli imbianchini, non solo volevano i soldi ma anche “il controllo del loro respiro”, ha sottolineato il procuratore. E sui social ostentavano il loro potere: foto di costosissimi orologi Rolex e Audemars Piguet; bottiglie di champagne Dom Perignon, cortei di auto lussuose tra cui Ferrari e Lamborghini, affiliati in costume su barche da sogno e mazzette di banconote da 100 e 50 euro a profusione. Soldi provenienti da una sorta di ‘cassa comune’ del clan, dalla quale venivano prelevate le ‘mesate’ per decine di affiliati, sia liberi che detenuti: circa 8.000 euro mensili. Gratteri ha anche ricordato che è stata la camorra, la prima in Italia, a usare i social per farsi propaganda e lanciare i suoi messaggi, “per mostrare di essere vincenti” e “normalizzare il crimine”.
Il clan era solito differenziare le richieste estorsive tenendo conto della capacità di pagare della vittima. Durante le festività venivano imposti i gadget natalizi; c’era poi il pizzo riscosso dalle aziende che lavoravano grazie ai superbonus fiscali e pure la gestione delle aste giudiziarie. Ma il core-business rimaneva il narcotraffico internazionale, storica attività di famiglia, coltivata grazie ad affiliati appositamente dislocati in Spagna e a Dubai. Nel novero delle attività illecite pure le case popolari: il clan si appropriava di quelle sfitte e poi le assegnava per gestire il consenso sul territorio. Tra i beni sottoposti a sequestro, frutto del riciclaggio, anche una società di noleggio e vendita di auto. – 18 dicembre 2024